Johnny Depp, in una delle sue più originali interpretazioni, veste i panni del fotografo americano Eugene Smith alle prese con una difficile lotta ambientalista in Giappone negli anni ’70.
Citazione
“I nativi americani credevano che una fotografia portasse via un pezzo dell’anima del soggetto, ma ciò che non viene detto è che può portare via anche un pezzo dell’anima del fotografo”.
Trama
Il fotografo americano W. Eugene Smith va in Giappone per indagare sui casi di avvelenamento di mercurio nei villaggi costieri, causati dall’inquinamento delle industrie chimiche.
Commento
Johnny Depp nella sua lunga carriera ha interpretato tanti ruoli diversi, tuttavia quello legato a questo film è probabilmente uno dei suoi più originali, interessanti e mette in evidenza la sua capacità da abile trasformista.
Il film parla della storia vera del disastro ambientale di Minamata (in Giappone) dove, in seguito al rilascio nel metilmercurio nelle acque reflue dell’industria chimica Chisso Corporation dai primi anni ’30 fino alla fine degli anni ’60, si è sviluppata la c.d. malattia di Minamata, l’intossicazione da mercurio degli abitanti del luogo. Con i vertici dell’industria che hanno fatto ben poco per prevenire il disastro.
Dopo tanti anni il caso ottiene finalmente l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica mondiale grazie all’intervento di Eugene Smith, famoso fotografo ormai alla fine della sua carriera, stanco, sfiduciato e, soprattutto, alcolizzato. Eppure questo non gli impedisce di impegnarsi in modo importante e con rinnovate energie per “combattere” a modo suo un battaglia difficilissima al fianco di alcune famiglie contro la forza del colosso chimico e gli appoggi, il silenzio e le connivenze delle autorità locali.
Motivi di interesse per la formazione
Il film è una splendida storia di storytelling perchè il fotografo americano, dopo aver rifiutato una enorme somma di denaro offerta dal presidente del colosso chimico per rimanere in silenzio, decide di andare fino in fondo passando molto tempo con le famiglie delle vittime dell’avvelenamento da mercurio e, soprattutto, dopo aver fatto alcune splendide foto che finiranno nel reportage della prestigiosa rivista Life. Davvero notevoli e di impatto devastante per far rendere conto, realmente, dei danni che può provocare il mercurio.
Nel film ci sono anche alcune scene in cui il fotografo condivide i suoi segreti che rappresentano una bella metafora anche per l’utilizzo delle immagini e della parte non verbale della comunicazione. Tuttavia la scena-madre è, a mio avviso, quella che descrive la realizzazione della fotografia Tomoko Uemura in Her Bath, una sorta di “Madonna contemporanea con bambino”: la madre, Kamimura Yoshiko, tiene tra le braccia la figlia vittima della malformazione causata dal mercurio, icona silenziosa della malattia e della devastazione causata dall’inquinamento ambientale. Fotografia fatta in circostanze complicate, dopo che Smith era stato malmenato da alcuni “scagnozzi” durante una manifestazione.
Conclusioni
Spesso, per chi come me si occupa di public speaking, l’attenzione è rivolta soprattutto alle parole, al suono della voce e al linguaggio del corpo. Tuttavia, film come questo, oltre a essere splendidi esempi di impegno sociale, sono anche un modo per ricordare il peso specifico delle immagini nella comunicazione e, se usate in modo strategico durante la narrazione, il risalto che possono dare ai contenuti, più delle parole scritte o “urlate”. E possono anche far riflettere lavorando soltanto sul significato che chi guarderà la foto darà a quanto viene rappresentato. A volte, anche senza bisogno di aggiungere altro.
“Concentrati sulla fotografia che vuoi scattare… concentrati su quello che vuoi dire”. Suggerisce Eugene Smith all’attivista giapponese che lo sta supportando nel suo lavoro. Quindi, in questo senso sì… un’immagine vale anche più di mille parole. Perchè, nella sua strategia di comunicazione, non deve aggiungere altro, nella sua rappresentazione.
Il caso Minamata (Minamata), 2020. Regia di Andrea Levitas. Con Johnny Depp, Akiko Iwase, Bill Nighy e Hiroyuki Sanada (2020).
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