«Basta Powerpoint, è meglio la lavagna»

«Basta Powerpoint, è meglio la lavagna». Sembra essere questa l’ultima “tendenza” in fatto di presentation design.

Stefano Cera

Agosto 7, 2018

Le nostre vite si perdono nel dettaglio. Semplificate, semplificate (Henry David Thoreau)

«Basta Powerpoint, è meglio la lavagna». Sembra essere questa l’ultima “tendenza” in fatto di presentation design. Infatti, nonostante il software Powerpoint (ed i suoi simili, ad es. Keynote, sviluppato da Apple) rappresenti, da anni, un riferimento costante nelle attività di formazione, meeting, eventi e comunicazioni più o meno efficaci, ogni tanto torna al centro di confronti e dibattiti sul suo uso (forse sarebbe meglio dire “abuso”).

Un recente articolo rilancia il confronto

Di questo ne parla un articolo (nella versione on-line) de Il Sole 24 ore che mette in evidenza la (ennesima) crociata contro il programma del pacchetto Microsoft Office specializzato in presentazioni grafiche. Infatti, come recita l’articolo, «l’ex consigliere per la Sicurezza nazionale degli Stati Uniti H.R. McMaster, il numero uno di Amazon Jeff Bezos e diverse università europee hanno scelto di bandire l’utilizzo del popolare programma».

La rivincita della lavagna

I motivi? Secondo McMaster, «PowerPoint è uno strumento inadeguato per il processo decisionale». Per Bezos, invece, una “struttura narrativa” risulta essere più efficace di qualsiasi presentazione grafica. E così, in un’epoca di continue innovazioni tecnologiche, si torna a quello che è considerato il device più intelligente e flessibile (ed apparentemente anche quello meno “tecnologico”), la lavagna.

Un passo indietro? Non si direbbe, visto che Bent Meier Sørensen, della prestigiosa Copenaghen Business School, ha spiegato che «contrariamente a quanto fa PowerPoint, il gesso e la lavagna ci permettono di annotare i punti messi in luce dagli studenti a fianco ai punti che noi stessi sviluppiamo». In breve, questa sarebbe più efficace perchè ha il vantaggio di permettere una grande interattività tra il relatore ed i partecipanti, in una continua costruzione condivisa di contenuti.

C’è bisogno di maggiore flessibilità

La lavagna, quindi, ha una grande flessibilità, poiché «non c’è nulla di ripetitivo, nessuno schematismo troppo rigido, niente di noioso». Pertanto, è lo strumento che permette di seguire il “flusso” che si crea in aula, al contrario delle slide che invece rendono rigido il percorso e con meno possibilità di cambiamenti in corso d’opera. Non solo, perchè, ed è questa la conclusione dell’articolo, la critica (in termini di superamento) a Powerpoint permetterebbe di tornare ad un insegnamento antico, ma sempre attuale: «l’idea socratica del Maestro: qualcuno che, come farebbe una levatrice, ti aiuta a partorire la verità partendo da quello che non sai».

E allora, “NO.PPT”?

Ora, chi mi conosce sa che non sono particolarmente “affezionato” a Powerpoint; peraltro, io negli anni ho approfondito Keynote che secondo me è più lineare, ha meno “arzigogoli informatici” e, soprattutto, dimostra una maggiore praticità di uso). Per questo, in compagnia del mio amico e collega Michele Cardone, abbiamo organizzato due seminari per la Delegazione di AIF Lazio (il primo del 2012 e la versione 2.0 del 2017) dal suggestivo titolo che ho riportato all’inizio del paragrafo. Tuttavia non sono d’accordo con questa demonizzazione di un software (o forse sarebbe meglio dire), uno strumento, che a mio avviso conserva sempre grande fascino e potenza di uso. Infatti, ritengo che, nel dibattito tra favorevoli e contrari, sia forse venuto il momento di trovare la “terza via”, rappresentata da un uso “consapevole” ed “informato” di Powerpoint (o che per lui), in vista dell’obiettivo della sua piena efficacia.

Questo perché le famose (per qualcuno famigerate) slide possono creare un “percorso di apprendimento” modulare e personalizzabile, all’interno del quale trovano spazio e dignità tutti gli strumenti che fanno dell’apprendimento “una vera esperienza”. Vale a dire, l’uso della lavagna per il debriefing e la raccolta condivisa dei contributi dell’aula, i role-play, le esercitazioni, le metafore, le scene di film e/o video, ecc..

Tutto “fa” formazione

In pratica, serve tutto… semplicemente, basta capire come e quando usarlo. E per fare questo è importante mettere in evidenza nell’attività di formazione la capacità di progettazione di un intervento formativo. Tenendo presente quello che il “Cono dell’Apprendimento” di Edgar Dale (Audio-visual methods in teaching, New York, Dryden, 1969) suggerisce da anni. Vale a dire che maggiore è la capacità di creare un’”esperienza” di apprendimento in aula e maggiore sarà la facilità di ricordare e “trattenere” quanto vissuto nel percorso formativo. Quindi, non è tanto lo specifico strumento che ci deve attirare o da cui ci dobbiamo allontanare, ma l’ambiente di apprendimento all’interno del quale lo applichiamo e la modalità e la tempistica con cui lo utilizziamo. Il tutto, “condito” dal nostro stile personale, le nostre passioni e ciò che rappresenta il nostro punto di forza come formatori.

Per cui, concludendo, se un “mezzo chilo” di belle slide (che spesso -per la verità- non sono neanche belle!) non potrà mai “nascondere” una progettazione superficiale, poche e mirate slide possono essere a mio avviso un utile supporto ad una efficace attività di aula. A patto, tuttavia… che non sia solo quello.

Approfondimenti

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