Riporto nel mio sito l’intervista rilasciata per l’Annual Aif Premio per l’Eccellenza della Formazione 2020. La “suggestione” era quella di parlare di una delle tre parole-chiave scelte per rappresentare la mia esperienza come formatore: sentiero, consapevolezza ed alleanza. Come suggerisce il titolo del post, io ho scelto la parola sentiero. E per lo sviluppo del mio articolo ho preso spunto dal titolo di una bella canzone di Max Pezzali, “Lo strano percorso”. Buona lettura!
“Lo strano percorso di ognuno di noi
Che neanche un grande libro un grande film
Potrebbero descrivere mai
Per quanto è complicato e imprevedibile
Per quanto in un secondo tutto può cambiare
Niente resta com’è.”
(Lo strano percorso – Max Pezzali, 2004)
Delle tre parole-chiave che mi sono state proposte e che riguardano la riflessione sul nostro lavoro quotidiano, ho scelto di parlare della prima: Sentieri. Inteso come percorso quotidiano di sviluppo e conoscenza.
Ora, ritengo che così come recita la canzone di Max Pezzali, quello del formatore sia davvero uno “strano” percorso. Qualcosa che non segue un filo conduttore logico, lineare, ordinato, bensì qualcosa che “serendipicamente” segue sentieri spesso inattesi, fatti di episodi o situazioni che permettono di scoprire (non cercandoli) momenti particolari della propria personalità e della propria professionalità. Esattamente come i puntini di cui parla Steve Jobs nel famoso video del 2005 all’Università di Stanford.
Ogni formatore ha il suo momento (anzi, i suoi momenti) in cui “unisce i puntini” (Connecting the dots, ha detto Jobs), qualcosa che si può fare solo a consuntivo, quando il quadro appare il più chiaro possibile, da cui tuttavia si può cogliere il senso profondo delle potenzialità che, lungo il tragitto, ogni formatore è capace di esprimere, nelle varie dimensioni della sua attività.
I sentieri quindi, secondo me, diventano la bella metafora di un percorso che noi come formatori facciamo nella nostra vita professionale. Un lungo percorso che passa attraverso determinate fasi, determinati step; passaggi fondamentali che fanno parte della nostra professionalità e più in generale della nostra vita. Ricordo ancora la soddisfazione che ho avuto al termine della mia prima volta in aula: 1998, presso la cattedra di Mediazione e Conciliazione della Pontificia Università Gregoriana. Il professore che seguivo, il compianto Mario Quinto, mi ha proposto di fare una lezione agli studenti sul conflitto in Iraq. Grande lavoro di preparazione, cercando di prevedere ogni singolo dettaglio che mi potesse tornare utile durante il mio intervento. Ed alla fine, tante emozioni provate, piccole-grandi difficoltà superate, tante domande su come fare meglio la prossima volta.
Ricordo che il professore mi suggerì di registrare il mio intervento (poco più di un’ora). Bene, qualche giorno dopo ho trovato il coraggio di riascoltarmi e devo dire che uscii dall’ascolto piuttosto deluso. Molte sospensioni prosodiche (i famosi e fastidiosi “ehm…”, “ahm…”, “eeee”, e così via), poche frasi stilisticamente impeccabili, ma anche una grande voglia di tornare in aula il prima possibile per provare ancora quelle sensazioni, facendo meglio, s’intende…
A quel primo passaggio ne sarebbero seguiti tanti altri. Da ciascuno dei quali ho imparato qualcosa e che mi ha permesso di capire, forse, “cosa farò da grande” (citando una famosa canzone di Gino Paoli). Eh sì, perché alle soglie dei 55 anni, sono convinto che il mio sentiero professionale (e personale, spero) sia ancora pieno di cose da imparare. Tuttavia, con la consapevolezza che i puntini di cui parlava Steve Jobs, rientrano in uno strano e personale percorso che ogni formatore fa. Un percorso non lineare, fatto di discese e di risalite, ogni volta con qualcosa da limare… ma tutto sommato straordinario, come solo questa intensa, profonda e viscerale “passione” chiamata formazione sa essere.
L’articolo lo trovate a pag. 44 dell’Annual. E questo, invece, è il link per leggere la rivista.
Ecco il link per avere informazioni su Aif – Associazione Italiana Formatori.
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