Un mese fa ho pubblicato un articolo di commento alle mie prime esperienze di aula virtuale dopo l’inizio del lockdown. Dopo un mese torno sull’argomento perchè vorrei integrarlo con alcuni spunti emersi dai corsi di questa settimana sul Presentation Design.
La ri-progettazione delle attività
“Ogni corso online permette di approfondire l’opportunità di un ‘cambio di paradigma’ riguardo la progettazione tra l’aula e l’ambiente virtuale”
Anche in questo caso sono stato molto curioso di “testare” la progettazione del corso, le cui modalità erano così diverse sia rispetto all’aula tradizionale sia rispetto alle attività online che avevo svolto in precedenza. Infatti, dopo le esperienze delle settimane precedenti, tutte su corsi che si svolgevano su moduli da 2 o 3 ore o webinar più o meno della stessa durata, queste erano edizioni di corso strutturate lungo l’arco di una giornata intera. I contenuti erano quelli che avevo progettato per il corso in aula (sospeso in seguito al lockdown) e la sfida, anche in questo caso, è stata soprattutto quella di riprogettare contenuti pensati per l’aula e da riproporre in modalità online.
La scelta è stata ovviamente quella di dare molto spazio alle attività esperienziali. In questo modo ho dedicato una buona parte del tempo ad attività individuali e di gruppo. Nel primo caso, ho proposto un icebreaker che è servito a ricreare il clima con gruppi di persone che conoscevo (quasi tutte) ma che avevo visto in aula ormai quasi tre mesi fa. Per questo, ho chiesto a tutti di trovare in casa un oggetto che iniziava con la lettera iniziale del proprio nome e che fosse rappresentativo per loro. Qui, come al solito, massima libertà di scelta. Per una condivisione che ha portato a belle forme di narrazione da parte di ognuno dei partecipanti. Per i lavori di gruppo, ho invece preferito andare in verticale su due temi specifici, come le mappe mentali (la mattina) e lo storytelling (nel pomeriggio). Attraverso le mappe mentali, le persone hanno lavorato attraverso uno strumento utile per definire e strutturare i contenuti su un argomento professionale a loro scelta. Invece, attraverso l’applicazione di un modello di storytelling (ripreso e “personalizzato” dal libro di Andrea Fontana, Storytelling for dummies) i gruppi hanno realizzato una presentazione lavorando con grande impegno e creatività.
Altra buona parte del tempo è stata dedicata al debriefing delle attività, con revisione e feedback sul lavoro svolto, commenti da parte dei partecipanti e approfondimenti sui temi specifici emersi durante il confronto. Il tutto integrato da contenuti che sono stati soprattutto focalizzati su interventi mirati che hanno preceduto la parte di attività o approfondimenti a commento dei lavori di gruppo.
Quali strumenti ho usato
Ogni corso online permette di approfondire nuove risorse per il coinvolgimento dei partecipanti e/o nuove modalità di utilizzo
Anche grazie ad alcuni strumenti che nel frattempo ho iniziato ad usare, ho fatto diverse attività che certamente arricchiranno anche le mie attività in aula, ovviamente quando sarà possibile tornare a farlo. Mi riferisco in particolare a Mentimeter che trovo molto utile per l’apertura e la chiusura del corso. All’inizio, infatti, ho fatto la classica domanda aperta sulle aspettative delle persone, raccolte attraverso una bacheca virtuale (le persone possono facilmente scriverle collegandosi al sito e digitando un codice creato automaticamente) e riproposte, tutte insieme, attraverso la condivisione del mio schermo. Successivamente, per introdurre il tema della giornata, i partecipanti hanno risposto alla domanda “Quali sono le tre parole-chiave del Presentation Design”. Ne è emersa così una tagcloud interattiva che mi ha permesso di iniziare a declinare i principali aspetti di questo argomento, focalizzare l’attenzione su alcuni punti e, onestamente, anche sfatare qualche mito sul tema del Presentation Design. Alla fine invece ho riproposto la classica domanda “Cosa vi portate via?” sempre attraverso un sondaggio tratto da Mentimeter.
Come lavagna condivisa ho utilizzato Google Jamboard, che mi sembra uno strumento semplice e versatile, anche per creare ambienti di lavoro condiviso con i partecipanti. Tuttavia, su questo il mio suggerimento è di andare su strumenti decisamente più potenti, come Mural o Miro, davvero utilissimi per tante attività diverse e tutte altamente collaborative.
Aggiungo un altro aspetto che trovo molto interessante, anche il relazione alla piattaforma utilizzata per il corso, vale a dire Zoom. Conoscevo già le breakout rooms anche se le avevo applicate con gruppi meno numerosi. Stavolta eravamo tanti e devo dire che hanno risposto che lo strumento ha risposto davvero molto bene alle mie aspettative. Mi è sembrato sufficientemente agile per dividere con semplicità (peraltro, attraverso la suddivisione automatica, non di perde nemmeno tempo a decidere -o far decidere alle persone- i gruppi) e far lavorare con efficacia le persone in gruppo. Inoltre, offre a chi ospita la videoconferenza la possibilità di entrare nelle diverse stanze, confrontarsi con i partecipanti di ciascuna e dare il necessario supporto, quando è richiesto. Serve soltanto del lavoro preparatorio, come ad es. la condivisione in chat di materiali che servono per tutti i gruppi prima di dividere le persone nelle stanze e una definizione forse più dettagliata dei tempi a disposizione rispetto a quanto accade in aula. Questioni di carattere organizzativo, più che altro, che l’esperienza sullo strumento agevola.
Una cosa che non è mancata è certamente la visione dei miei amati video. Scene di film o spezzoni di video TED o ancora video trovati in rete, rappresentano sempre uno dei pilastri delle mie attività, in aula come da remoto, anche per introdurre attività di riflessione con i partecipanti. In questo senso, condivido un piccolo “trucchetto” che può essere utile. Infatti, pur avendo fatto vedere il video attraverso la condivisione del mio schermo (Zoom, per facilitare la visione e l’ascolto permette anche di condividere l’audio del computer e ottimizza il video per la fruizione da parte dei partecipanti), è sempre opportuno tenere conto delle eventuali difficoltà di connessione da parte dei partecipanti. Per questo, ho preparato prima i link a YouTube, al sito ted.com o al mio google drive (a seconda dei casi) e li ho condivisi in chat. In modo che chi -per qualsiasi motivo- non fosse riuscito a vedere il video lo avrebbe comunque fruito direttamente dal proprio pc. E’ chiaro che, anche in questo caso, serve un lavoro preparatorio in più, tuttavia ne vale la pena, per non perdere uno strumento davvero molto efficace.
Cosa mi è piaciuto
Oltre alla gestione delle stanze separate, sottolineo la partecipazione delle persone. Sembra una cosa scontata in un corso di formazione (ci mancherebbe che non fosse così!), tuttavia non credo che lo sia in una dimensione che è diversa dall’aula e ancora così poco conosciuta, soprattutto in termini di aspettative da parte degli stessi partecipanti che -per ammissione di qualcuno- tendevano a considerare al “ribasso” il loro coinvolgimento rispetto all’aula. L’idea di non avere il formatore davanti, ma dietro ad un computer, in generale, magari può far pensare al fatto che si possa rimanere un po’ più in disparte ed impegnarsi anche un po’ di meno. In tal senso, mi sembra indicativo il commento di una persona alla fine del corso: “Ho raggiunto la consapevolezza che tutto si può fare, abbiamo usufruito di un corso in modalità remota e abbiamo acquisito le tecniche/informazioni per delle slide efficaci”.
Poi l’ordine e la struttura che l’erogazione online permette di avere. Questa è una cosa che considero una piccola “scoperta”. Magari sarà una mia impressione, da verificare ovviamente nei prossimi corsi. Tuttavia, ritengo che proprio l’erogazione da remoto, con la puntualità e le sue particolari (s)cadenze, permetta di gestire meglio i tempi, con uno scambio comunicativo, interventi e risposte più sintetiche e mirate. Inoltre, ma ormai non è una novità perchè conferma quanto già accaduto nei corsi precedenti, siamo riusciti a partire sempre in orario (sia la mattina che al ritorno dalle pause), dal momento che tutti o quasi si sono collegati qualche minuto prima dell’orario di inizio. Secondo me con la formazione online si riesce anche ad avere anche una buona produttività e minori tempi “sospesi” (anche se poi questi, in aula, si rivelano fondamentali per creare e mantenere un buon clima nel gruppo, con “riti” che diventano fondamentali per la buona riuscita del corso, come ad es. la pausa-caffè o il pranzo insieme).
Spunti di riflessione
C’è sempre qualcosa che si può fare meglio…
Anche se lo sapevo già, nella formazione online, ho rinforzato l’idea che ovviamente cambia l’interazione con i partecipanti. La percezione mentale è, ovviamente, che le persone sono lì con te (te ne rendi conto guardando lo schermo), tuttavia quella fisica, onestamente, è completamente diversa. In aula hai modo di incontrare lo sguardo di tutti, hai feedback immediati grazie al linguaggio del corpo, puoi richiamare l’attenzione in tanti modi diversi. Nelle attività online questa cosa è molto più difficile e quando magari condividi lo schermo perdi comunque il contatto con le persone (che magari hanno anche disattivato il video).
Certo, come opportunamente suggeriscono in tanti potrebbe essere utile lavorare con due schermi (la piattaforma Zoom, ad es., lo consente). Tuttavia io penso intanto che bisogna avere lo spazio sulla scrivania per poter posizionare il doppio schermo e poi credo che nel momento in cui sei concentrato a parlare, ad es. su una slide diventi comunque non semplice dedicare attenzione anche all’altro schermo (dove magari hai posizionato la gallery con la raccolta degli schermi dei partecipanti). Può essere utile, in alternativa, sistemare il video dividendolo in due parti separate, con le slide e, almeno, lo schermo di qualche partecipante. Oppure, sempre come suggerito da alcuni, è utile condividere lo schermo il visualizzazione “normale” (in Powerpoint) o “navigatore” (in Keynote). Mettere piccolo o togliere proprio il navigatore con le slide e riuscire a vedere in ogni caso gli schermi delle persone sulla parte destra dello schermo. In questo modo, abbiamo comunque la possibilità di fare entrambe le cose (presentare le slide e vedere alcuni partecipanti) anche avendo a disposizione solo un computer.
In ogni caso, è importante acquisire consapevolezza di questa differenza per non vivere la frustrazione di una realtà che è diversa, soprattutto per chi è “ancorato” all’interazione che si ha in aula. A tal fine, serve qualche piccolo “trucchetto” per lavorare sulle dimensioni della comunicazione para-verbale e non verbale. Come ad es. parlare con una energia maggiore, guardare costantemente verso la telecamera quando si parla (quello rappresenta il nostro modo di avere il contatto visivo), accompagnare le parole con una ancora più efficace gestualità (che avvenga peraltro in modo che si possa vedere nello schermo il movimento delle mani e delle braccia per evitare il rischio di far vedere solo una parte del busto).
Altro elemento riguarda il fenomeno dello “Zoom fatigue”, vale a dire l’affaticamento prodotto dalle videoconferenze fatte con le varie piattaforme (vedi il mio articolo). In questo senso, stare otto ore al giorno in aula è stato pesante per me, ma soprattutto lo è stato per i partecipanti. Una persona, dopo la fine di una delle edizioni di corso, mi ha scritto dicendomi che era molto stanca. Ecco, io credo che la cosa migliore sarebbe quella di fare sessioni da quattro ore massimo per mantenere sempre un buon livello di apprendimento. Anche per sfruttare la possibilità di proporre delle attività tra una parte d’aula e l’altra (come ad es. la somministrazione di test di autovalutazione, la visione di video mirati e specifici, letture, ecc.) che permettono di approfondire ulteriormente il tema e possono essere utili per introdurre i temi dell’incontro successivo.
Sono diversi spunti, da verificare aula (virtuale) dopo aula, soprattutto per ricordare che non si tratta di fare le stesse cose in modo diverso, ma di fare proprio cose diverse…
Chiudo ringraziando gli amici di EduBP che mi hanno dato questa possibilità. E voglio, ovviamente, anche ringraziare tutte/i le/i partecipanti perchè, con i tanti e preziosi contributi che hanno fornito durante i corsi, hanno dato vita ad un “laboratorio” per me molto interessante, in cui abbiamo respirato un bel clima di confronto e di sviluppo reciproco.
#insiemeCERAfaremo, #ilcovidciformerà
Link all’articolo precedente sullo stesso tema
Utile e prezioso contributo che alimenta la palestra delle idee.
Grazie Stefano
Grazie a te, Alfonso.